COMPARTO COOPERAZIONE SOCIALE
In questo triennio il Comparto della Cooperazione Sociale ha confermato una vivace capacità di crescita e sviluppo. Lo testimoniano:
Concreti dati di fatto consentono altresì di segnalare, nel triennio, elementi importanti di sviluppo "qualitativo". Essi fanno riferimento, in primo luogo, ad una generalizzata qualificazione dell’offerta.
Nella nostra Regione, come abbiamo più volte ricordato, la Cooperazione sociale è cresciuta, soprattutto nei primi anni ’90, contestualmente all’estensione via via crescente, da parte delle PP.AA, della pratica di esternalizzazione ( motivata prevalentemente da obiettivi di contenimento dei costi ) di specifiche e delimitate funzioni operative relative ad una ( e per lungo tempo unica ) fase del "processo" di produzione di interventi e servizi sociali: quella della gestione.
Pur se ancora presente, questa modalità di rapporto cede sempre più spesso il passo all’affidamento della gestione integrale di servizi, mentre ormai in tutti i territori si registra la presenza di cooperative, sia di tipo A che B, capaci di proporre un proprio ruolo rispetto a tutte le fasi del "processo": dalla progettazione, alla definizione di partnership con altre cooperative, alla disponibilità ad investire, alla gestione, alla valutazione di impatto e di esito. Altresì, è crescente il numero delle imprese che, aldilà delle autoreferenzialità spesso imputate a questo comparto, hanno avviato il percorso finalizzato alla certificazione di qualità ( che diverse hanno già positivamente concluso ).
Nella composizione ed articolazione del comparto, così come nella attività delle cooperative, anche in questa regione, si conferma, quale elemento caratterizzante e peculiare , il forte profilo di radicamento territoriale. Peraltro, la dimensione territoriale si qualifica ( in base alla L. 328/2000, e come ha dimostrato, in termini più ravvicinati e cogenti, la prima fase di definizione dei Piani di Zona nella nostra regione ) come luogo privilegiato per la programmazione delle politiche nel sociale. E’ dunque nel territorio che, in primo luogo, le cooperative sociali devono rappresentare la propria attività ed il proprio ruolo, e rendere sempre più percepibili gli elementi che ne definiscono la reputazione e la meritevolezza sociale. Coerente con tali assunti è l’estendersi dell’adozione del Bilancio di Responsabilità Sociale da parte delle Cooperative, e la scelta di privilegiare come Comparto la realizzazione del Rapporto Sociale a dimensione territoriale.
Da queste stesse premesse discende il forte impulso alla organizzazione di forme consortili territoriali. Sono oggi 7 i consorzi di cooperative sociali, A e B, esistenti nel territorio regionale ( 4 dei quali a carattere unitario con la Coop.ne sociale Confcooperative ), ed altri sono in fase di costituzione. Il rapido sviluppo di queste forme di organizzazione dell’attività imprenditoriale delle nostre imprese rende opportuna una riflessione ed una verifica, che affronteremo dalle prossime settimane, sull’esperienza e sulle prospettive del Consorzio regionale costituito nel corso del triennio, che è stato lo strumento attraverso il quale la Cooperazione Sociale dell’Emilia Romagna ha partecipato e contribuito alla costituzione ed alla prima fase di attività del Consorzio nazionale DROM.
Se questi sono i punti positivi e di forza consolidati, è crescente, tra le Cooperative la percezione che lo scenario nel quale operano è interessato, anche nella nostra Regione, da cambiamenti che investono gli ambiti di massima criticità strategica per la Cooperazione sociale: la crescita della domanda di servizi, un nuovo ruolo delle PP.AA., il rilievo inusitato del settore non-profit ( associazionismo, Fondazioni, Volontariato ), l'interesse di realtà economiche " for profit", l’evoluzione del lavoro e del mercato del lavoro in campo sociale. Cambiamenti che disegnano opportunità importanti, ma insieme rendono manifeste minacce significative, acuite da scelte del governo nazionale di contrazione della spesa sociale, da un lato, e di sostanziale deregolazione del settore, dall’altro. Cruciale è, in questo quadro, la vicenda legata al percorso di definizione legislativa della cosiddetta " Impresa Sociale " su cui siamo impegnati a mantenere la massima attenzione.
Cruciale è, altresì, il ruolo della Regione Emilia Romagna.
E’ da quasi un triennio avviato il percorso di riforma della Legge regionale sull’assistenza. Davvero faticheremmo a comprendere le regioni di ulteriori ritardi nella approvazione di questa Legge.
In merito non possiamo che ribadire la nostra posizione: di riforma vorremmo che si trattasse, non soltanto dell’aggiornamento di strumenti e procedure, prioritariamente finalizzato alla difesa dell’esistente, se pure l’esistente è rilevante e strutturato. Due per noi i presupposti fondamentali.
In primo luogo, la natura di bene pubblico del "sociale", implica e richiede l’assunzione di una comune e condivisa responsabilità .
Riaffermiamo, con questo, da un lato il ruolo fondamentale del Pubblico, per la "regia" del sistema, dall’altro un ruolo non soltanto"strumentale" dei soggetti che esprimono la capacità di autorganizzazione della società civile, come la Cooperazione Sociale.
In concreto, occorre ridare respiro e strumenti al metodo ed alla pratica della concertazione, che si è, nel tempo, affievolita ed inaridita, come vicende anche recenti, quale quella relativa all'OSS, testimoniano. Occorre, altresì, non solo riconoscere in via generale il ruolo della Coop.ne sociale, quanto promuovere e sostenere attraverso politiche attive questo ruolo, con riferimento, in particolare:
Il secondo presupposto che deve, a nostro avviso, orientare in senso "strategico" il percorso di riforma è, quindi, il sostenere la spesa sociale,come fondamentale investimento produttivo finalizzato allo sviluppo ed alla qualificazione del tessuto sociale, ma anche economico, della regione.
A questo stadio del proprio sviluppo, ed attesa da queste sfide nello scenario in cui opera, la Cooperazione Sociale emiliano-romagnola ha concordato nel ritenere necessaria, matura ed opportuna una riflessione sulle forme organizzative della propria rappresentanza all’interno di Legacoop. La disponibilità in cartella del documento in merito approvato dalla Commissione regionale di Comparto nello scorso mese di ottobre consente di non riprendere qui le considerazioni che ci hanno orientato in tal senso.
Di questa riflessione ci siamo fatti promotori a livello nazionale e nel recente Congresso regionale di Legacoop. Un percorso di confronto si è aperto, nel quale si evidenziano i molti nodi problematici da più parti richiamati e di cui siamo consapevoli. Ad esso intendiamo continuare a dare il nostro contributo, in questa fase congressuale di ANCST e nel quadro delle decisioni approvate dal recente Congresso Nazionale di Legacoop rispetto al percorso che dovrà portare alla redazione del progetto complessivo di riforma organizzativa di Legacoop, nel quale ( dal Documento Congressuale ) " andranno valutate le modalità e gli strumenti per accrescere il ruolo e la visibilità delle cooperative sociali, prevedendo un adeguato coinvolgimento delle stesse. " e si porrà altresì " uno specifico approfondimento per la Regione Emilia-Romagna ove esiste…una rilevante peculiarietà della Cooperazione, di consistenza, di tradizione e di scelte istituzionali. ".
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COMPARTO COOPERAZIONE SOCIALE 2001
La fotografia della cooperazione sociale nell’anno trascorso rimanda l’immagine di un comparto che, accanto al permanere di una anche vivace capacità di crescita e di sviluppo, evidenzia elementi di difficoltà e problematicità che non appaiono né contingenti, né strettamente legati a specificità locali.
La cooperazione sociale, intanto, aumenta di numero.
Nella regione, le cooperative sono oggi circa 160 (rispetto alle 135 dello scorso anno), distribuite in modo più omogeneo che nel passato sul territorio regionale, con un dato di specifico e positivo sviluppo nella presenza delle cooperative di tipo B.
Nata e sviluppatasi senza definire e darsi modelli precostituiti d’impresa, questa cooperazione sociale è oggi composta, in grande maggioranza, da imprese di piccola dimensione, fortemente legate e radicate nell’ambito territoriale d’origine, L’85% delle imprese non supera i 5 miliardi di fatturato, il 53% non raggiunge 1 miliardo.
Soltanto 7 cooperative superano i 20 miliardi di fatturato.
Non sono più di 6/7 le cooperative che operano in modo significativo su più territori provinciali, e analogo è il numero di quante estendono la propria attività in altre regioni.
Appare in sviluppo, nei territori provinciali, la presenza e la diffusione di forme consortili, che interessano in modo più marcato le cooperative di tipo B.
Questo insieme di cooperative, così articolato e legato alla dimensione territoriale, incrementa, anche nel 2000, la propria attività: il fatturato complessivo tocca ormai i 500 miliardi e cresce in misura largamente superiore al dato inflattivo.
Si tratta di un aumento dovuto in misura prevalente ad un effettivo ampliamento dell’attività produttiva, ben più che ad un significativo e soddisfacente miglioramento dei livelli tariffari, in particolare nel rapporto con le PP.AA., che rimangono la committenza larghissimamente prevalente.
Ciò appare confermato dal contestuale, omogeneo incremento nel numero degli occupati, che superano oggi le 10.000 unità.
Questi elementi sono segnale di indubbio consolidamento del comparto, e di riscontro positivo dell’impegno e dell’investimento delle cooperative per:
Ciò si è precisamente concretizzato nel sostegno alla definizione del CCNL, poi nella sua piena applicazione (che è, nella Regione, dato largamente consolidato) e, oggi, nell’impegno nella fase di attuazione delle prime esperienze di contrattazione integrativa (tutt’ora ancora del tutto aperta).
Ma, accanto a questi elementi positivi, i dati richiamati mostrano, lungo questo percorso, i segni di un appesantimento crescente, di un crescente affanno.
Nel rapporto con le PP.AA., il ricorso e la collaborazione con la cooperazione sociale è ancora, in misura largamente prevalente, agito per la sola esternalizzazione di attività gestionali tramite procedure d’appalto.
Tali procedure sono oggi, nella nostra regione, regolate da un impianto normativo sicuramente avanzato, per il quale abbiamo molto lavorato, e che è costantemente ribadito, a livello regionale, quale segno e prodotto del riconoscimento del ruolo che la cooperazione sociale ha acquisito nel sistema dei servizi.
E, in effetti, i volumi di attività affidati alle cooperative sociali sono, come visto, aumentati.
Ma ciò continua ad avvenire, nella pratica concreta dei rapporti, sui territori, attraverso una politica di contenimento pesante dei livelli tariffari, tale da fare emergere come ancora largamente prevalente, nelle PP.AA., una visione ed una pratica della collaborazione con la cooperazione sociale finalizzata soprattutto al risparmio, al contenimento dei costi di gestione.
Nell’anno trascorso, questo stato di case si traduce in una ulteriore riduzione, complessivamente registrata nel comparto, dei livelli di redditività prodotti dalle imprese. Questo dato non appare, a breve, destinato a sensibili miglioramenti. Ciò induce, già oggi, e di più può indurre in prospettiva, problemi significativi per le cooperative nel mantenere e sviluppare, in particolare, la scelta e la pratica di politiche del lavoro orientate alla qualificazione ed alla valorizzazione del lavoro, a partire dal suo riconoscimento economico, che rimane ancora insoddisfacente, nonostante i grandi passi compiuti.
Già oggi ciò è percepibile nella tendenza all’aumento dei livelli di turn-over, in particolare in alcuni territori, e più ancora, nella generalizzata e crescente difficoltà a reperire, sul mercato del lavoro, risorse disponibili e qualificate.
E’ di tutta evidenza come tale stato di cose, in relazione al ruolo oggi occupato dalla cooperazione sociale, non possa che tradursi in un pesante rischio di impoverimento, precarizzazione e tendenziale dequalificazione del sistema dei servizi nel suo insieme, al di là dell’impegno soggettivamente profuso dalle cooperative.
Contestualmente, va crescendo un "mercato privato" fortemente degradato, che si fonda sulla crescente presenza di forza lavoro (di provenienza extracomunitaria, ma non solo) disponibile a condizioni di impiego che, trascurando in larga misura ogni sistema di tutela e garanzia, possano garantire, a costi molto bassi per il cliente, una qualche immediata redditività al lavoratore.
Rispetto ad alcune tipologie di servizio, e segnatamente in riferimento alla vasta area della domiciliarietà, tali forme di organizzazione di offerta e di lavoro appaiono, in alcuni casi, non solo note e tollerate anche dalle PP.AA., ma finanche sostenute quando non promosse.
L’insieme di questi elementi, qui in grande sintesi richiamati, disegnano gli ambiti di criticità strategica che si pongono come priorità per lo sviluppo di questo comparto.
E’ crescente, nel comparto, la consapevolezza che essi, per la loro natura, non possono essere utilmente affrontati con logiche soltanto difensive o autoreferenziali. Li ribadiamo:
Nel merito, intendiamo dare il massimo del nostro contributo perché chiaro appaia nella legge il disegno riformatore, rispetto:
2) Il lavoro, e le politiche del lavoro, nella consapevolezza che, in questo ambito, gli obiettivi e le politiche della cooperative sociali, per essere sostenibili e perseguibili non possono che rimandare e legarsi alla costruzione e alla condivisione di specifiche coerenze con le linee di sviluppo e gli obiettivi del sistema integrato dei servizi complessivamente inteso, al di là di qualsiasi, contingente intento o interesse contingente agito in termini difensivi.
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SETTORE COOPERATIVE SOCIALI 2000
La rappresentatività del campione interessato a questa prima rilevazione sul bilancio sociale consente di sviluppare alcune considerazioni utili a descrivere lo stato complessivo del comparto nel territorio regionale.
Nel periodo trascorso dalla precedente assemblea la cooperazione sociale ha conosciuto un significativo sviluppo. E’ aumentato il numero delle imprese, che appaiono oggi distribuite in modo uniforme in tutto il territorio regionale, mentre è particolarmente significativo l’incremento delle cooperative di tipo B.
Altresì si è avuto un buon sviluppo dei fatturati, accompagnato dal consolidamento delle risorse patrimoniali delle imprese.
Possiamo dire, ragionevolmente, che una fase, quella "pionieristica" di queste imprese è oramai alle nostre spalle; se per molti anni l’obiettivo prioritario delle cooperative sociali si è identificato nella propria stessa sopravvivenza, questo obiettivo può dirsi raggiunto, e nel medio periodo non appare in discussione.
Allo sviluppo delle imprese si è accompagnato un processo di crescente e sempre più evidente definizione degli elementi che, di norma, strutturano, in ambito economico, l’esistenza di un mercato.
In relazione a fenomeni in larga misura noti a noi tutti (di carattere demografico, economico, sociale e culturale) la "domanda" di servizi e di interventi finalizzati all’integrazione sociale si approfondisce, si segmenta da punto di vista "qualitativo" e, sul piano quantitativo, appare destinata ad aumentare.
Per contro, l’esaustività della risposta da parte pubblica, non appare oggi, e sempre più in prospettiva, né possibile sul piano delle compatibilità economiche né opportuna ed auspicabile in termini di appropriatezza e di efficacia.
D’altra parte, pur in presenza di una domanda in crescita e di una possibile articolazione dell’offerta, la strutturazione di questo mercato appare caratterizzarsi per modalità più complesse, nelle quali rimane sostanziale il ruolo e la funzione del pubblico sia rispetto al versante della domanda che rispetto a quello dell’offerta.
La cooperazione sociale, che conferma l’obiettivo di qualificarsi come uno dei protagonisti dell’innovazione del sistema del welfare regionale, non può che rapportare a tale scenario complessivo ogni valutazione circa le coerenze del percorso che ha sin qui svolto, e sugli obiettivi per la prospettiva.
Con ciò, evitando sia le tentazioni di chiusura autoreferenziale che il rischio di generica sotto-valutazione degli elementi di specificità e di distintitività che, caratterizzandone la missione di impresa, ne definiscono anche il primo e principale vantaggio competitivo in termini di meritevolezza sociale.
Ci riferiamo a tre elementi, in particolare: il "valore sociale" prodotto, il lavoro, la partecipazione dei soci.
Rispetto a tali elementi, questo primo rapporto ci consegna un quadro caratterizzato da rilevanti aspetti positivi di sviluppo e consolidamento, accanto ai quali permangono aspetti di criticità.
L’azione e l’intervento rispetto ai punti di criticità più rilevante costituiscono e definiscono i nostri obiettivi di lavoro per il prossimo periodo.
Appaiono particolarmente positivi i risultati in merito:
A fronte di tali elementi positivi che sono da sviluppare (anche a fronte del rinnovarsi di episodi di conflittualità fra cooperative e fra territori), il rapporto segnala elementi di criticità su cui lavorare.
Vi è sicuramente uno sforzo importante delle cooperative sul versante dell’innovazione, sia rispetto ai servizi prodotti che ai processi di produzione degli stessi.
Ma, nel merito, l’innovazione si lega soprattutto all’"arricchimento" delle tipologie di offerta già consolidata, piuttosto che alla strutturazione di percorsi di sperimentazione di nuove tipologie di servizio. Il fatto che la grande maggioranza dei clienti siano, oggi, PP.AA., è coerente con tale dato, e, in qualche modo, ne costituisce la cornice.
In secondo luogo, a fronte di una attenzione largamente diffusa rispetto alla verifica della soddisfazione degli utenti e dei clienti (il 75% delle imprese attua iniziative ), la strutturazione degli strumenti e delle metodologie in merito appare poco formalizzata e, quindi, da implementare e stabilizzare.
Ancora, all’impegno largamente profuso per la definizione e il monitoraggio di regole di mercato orientate a valorizzare la qualità piuttosto che soltanto il contenimento dei costi e dei prezzi non corrisponde ancora in maniera adeguata la strutturazione, in ciascuna impresa, di strumenti, metodologie e percorsi finalizzati alla certificazione e quindi alla comunicazione dei propri standard e dei propri obiettivi in materia di qualità.
Infine, ancora limitata, e da sviluppare, appare lo stimolo e la politica di confronto e collaborazione con altre realtà del mondo cooperativo cointeressate alla offerta di servizi complessi nelle diverse realtà territoriali.
Il rapporto evidenzia il percorso per certi aspetti straordinario compiuto in questi anni: il 100% delle cooperative regolamenta il lavoro in conformità al CCNL; la stragrande maggioranza degli operatori ha un rapporto di lavoro stabile, in un settore che presenta indubitabili e cogenti esigenze di flessibilità organizzativa per rispondere agli obiettivi di personalizzazione degli interventi svolti. Ugualmente, particolarmente positivo appare l’avanzamento delle attività legati all’implementazione di sistemi di sicurezza coerenti con le normative vigenti.
A fronte di tale stato di cose, l’obiettivo che ci diamo non può che essere quello di ulteriormente qualificare le politiche del lavoro. Si tratta di un obiettivo assai complesso, in relazione alle caratteristiche del comparto che enfatizzano quant’altre mai la "malattia dei costi" che affligge tutte le imprese di servizi.
Si tratta però di un obiettivo che non può essere aggirato, anche in relazione ai segnali di crescente difficoltà delle imprese a contenere il turn over interno ed a reperire, sul mercato del lavoro, risorse disponibili ad investire professionalmente rispetto ad attività percepite come impegnative, faticose, non sufficientemente riconosciute e remunerate.
Già a breve la tematica del lavoro si imporrà nuovamente in modo prioritario, in relazione all’avvio della contrattazione di secondo livello nel nostro territorio regionale.
I riscontri che in merito a tale ambito ci vengono consegnati dal rapporto sono in larga misura positivi, (rispetto ai livelli di partecipazione sociale, alla valorizzazione dei soci che operano direttamente a contatto con l’utenza, allo sforzo profuso per riconoscere, anche sul piano economico, l’impegno ed il ruolo dei soci).
Gli obiettivi che ci diamo sono, in primo luogo, legati allo sviluppo di più strutturati strumenti di informazione e comunicazione rivolti alle basi sociali, ed alla più precisa e strutturata definizione di obiettivi di crescita e qualificazione dei gruppi dirigenti delle imprese che siano coerenti con assetti pienamente partecipativi e socialmente motivanti.
Si tratta di obiettivi che rimandano ad ambiti e problematiche particolarmente significativa nel nostro comparto regionale, nel quale (come anche il campione testimonia) sono presenti accanto a realtà di piccola dimensione, imprese di media e grande dimensione.